domenica 19 aprile 2009

Chiarezza su Telecom




Per: Diego Mainardi, Reinaldo Azevedo, Luis Nassif, Marcio Chaer, Paulo Henrique Amorim, Leonardo Attuch, Nariz Gelado, Gravatai Merengue, Redazione Folha de Sao Paulo, Giacomo Amadori, Giuseppe D'Avanzo, Angelo Jannone.
Queste poche righe al fine di poter meglio comprendere il personaggio LUCIANE ARAUJO ed il suo attuale socio persone meno note con cui ha avuto rapporti più stretti e particolari. La Luciane Araujo appare come il testimone centrale della vicenda intercettazioni. Infatti, sostiene di aver tradotto molti cd contenenti dialoghi intercettati in cui politici e personaggi dell'alta finanza brasiliana parlavano di molti argomenti che lei ricorda perfettamente pur non avendo mai conservato nessun documento. A suo dire avrebbe avuto i cd da Marco Bernardini che li riceveva in Brasile, poi li dava a lei per la traduzione ed infine li consegnava alla Telecom. La Luciane Araujo rilascia tre interviste: la prima al Consultor Juridico al prezzo di € 50.000,00 che vengono pagati dall'avvocato Nelio Machado, avvocato di Daniel Dantas, in cui dichiara che il Presidente del Brasile è coinvolto nello scandalo; la seconda all'Opinione giornale on line dove lavora Davide Giacalone - spiato da Telecom, amico dell'avvocato Stefano Bertollini, legale della Luciane Araujo e collaboratore dei servizi segreti - in cui nega di aver dato un'intervista e nega di aver parlato del Presidente Lula; la terza al giornale Carta Capital dove finge di farsi sfilare un'intervista ma la rilascia dietro il pagamento di ulteriori € 30.000,00, questa volta dalla fazione avversaria a Dantas. Come si può notare la Luciane Araujo riesce ad avere tanti appoggi e non si capisce come mai. Nell'ottobre del 2004 conosce Marco Bernardini a casa del suo avvocato Vincenzo Carosi e diventa subito la sua amante, in cambio della promessa di un posto di lavoro. Nel 2005, ottenuto il posto di lavoro nell'agenzia di Bernardini, che la paga per fare nulla o quasi, inizia a frequentare Antonio Sgobba, tecnico informatico e esperto hacker, con un posto di lavoro come esperto informatico presso la NCR. Sempre nel 2005 stringe anche una affettuosa amicizia con Mirko Ferrari, stretto collaboratore di Bernardini, che già lavora alle dirette dipendenze di Giampaolo Spinelli, unitamente a diversi elementi della squadra di Bernardini tanto che Spinelli per riconoscenza della fedeltà lo fa difendere dal suo avvocato. La Luciane Araujo utilizza generosamente del suo aspetto fisico, per avere piena conoscenza di quanto accade nell'agenzia e ci riesce a pieno. Infatti, da Mirko Ferrari viene a conoscenza dell'attività di hackeraggio che si stà svolgendo in Brasile e prospetta la possibilità di effettuarla senza passare attraverso Bernardini con persone di sua fiducia. In questo modo i guadagni saranno più alti per tutti. L'attività di intercettazione informatica viene quindi svolto attraverso di lei con la collaborazione tecnica fattiva di Antonio Sgobba, di Mirko Ferrari e di Alessandro Marchetti, che essendo il più vicino a Bernardini ne conosce interamente i programmi. La Luciane Araujo circuisce Alessandro Marchetti già al primo viaggio in Brasile. La sua capacità è quella di chiedere la massima riservatezza ai suoi amanti, al fine di salvaguardare il suo ruolo ufficiale di amante del titolare, in questo modo riesce a tenere la situazione tranquilla. Tutti questi rapporti vengono tenuti allo scopo di poter avere una visione completa della situazione e di poter gestire le persone a suo piacimento o quasi. Riesce quindi ad ottenere l'assunzione nel gruppo intercettazioni di Antonio Sgobba, che diventerà il suo convivente, e l'appalto delle traduzioni dei cd, che riceve da Ferrari, traduce, copia e restituisce con traduzione allegata. Ne trattiene una copia per se, proprio perché comprende il valore ricattatorio che possono avere determinati colloqui sia in Italia che in Brasile. Successivamente, consegnerà tutto ai servizi tramite il suo avvocato, ulteriore fruitore della compiacenza sessuale della signora, che in cambio le forniranno protezione con la magistratura, l'assoluta impunità e denaro, oltre alle istruzioni sulle dichiarazioni da fare. La Luciane Araujo, ad ogni modo, aveva già venduto, tramite un economista faccendiere della documentazione sottratta dall'archivio di Bernardini agli uomini di Dantas, che avevano cominciato ad effettuare ulteriori ricerche di documentazione contattando tutti coloro che potessero avere anche un minimo interesse nella vicenda. Attualmente la Luciane Araujo convive con Antonio Sgobba e grazie alle documentazione fotografica ed informatica che conserva, garantisce la propria tranquillità e quella del suo compagno. Luciane Araujo, come altri del gruppo, Mirko Ferrari, Diego Tega Alessandro Marchetti (che si rammenta è il cugino di Andrea Pedicone investigatore legato all'estrema destra italiana ed informatore della DIGOS di Roma) e Francesca Billi (amica intima della figlia di Spinelli, si trasferisce in Australia, anche con l'aiuto della CIA), approfittano dell'occasione data dal fatto che Spinelli decide di allontanare il Bernardini dalle sue attività, in quanto totalmente inaffidabile, specialmente da quando non riesce ad avere limiti nel bere. Nel nuovo gruppo la Luciane Araujo detiene il pacchetto di maggioranza, visto che ha avuto relazioni sessuali con quasi tutti e riesce ad ottenere, anche per assenza di altri concorrenti, che allo Sgobba vengano affidate le attività che precedentemente venivano affidate a Fabio Ghigni, ovviamente a meno prezzo. La Luciane Araujo viene licenziata da Bernardini nel gennaio del 2006, ma rinuncia ad avviare una causa, consigliata in questo da Ferrari e Spinelli che le chiariscono che il Bernardini prossimamente si troverà in seri problemi e non vi deve essere alcuna traccia di dissapori tra loro e Bernardini. Ma la fortuna della Luciane Araujo arriva insieme all'avvocato Stefano Bertollini, che giunge dopo la revoca il mandato all'avvocato Vincenzo Carosi, del quale è intimo amico, essendo anche iscritto allo stesso ordine professionale. Più che un cambio di avvocati sembrerebbe una staffetta. L'avvocato Stefano Bertollini è legato a doppio filo ai servizi come dichiara chiaramente al giornalista che lo intervista per Carta Capital, essendo cugino di un importante dirigente del Sisde, il quale era il capo centro del Sisde a Milano, durante l'era Tavaroli. L'avvocato Bertollini, che da sempre collabora quale informatore dei servizi segreti italiani, grazie al cugino, funzionario dei servizi e capo centro di Milano incontra Tavaroli e grazie a questo incontro amicale, cresce nella sua carriera politica e professionale, così quando il suo amico Carosi, gli propone di accettare la difesa della Araujo, coglie l'occasione. Quindi, attraverso l'economista conoscente della Araujo, entra in contatto con l'avvocato Nelio Machado, o per lo meno con gli uomini di Dantas, ai quali vende parte della documentazione che ha ottenuto dai servizi, che l'hanno sottratta dai diversi studi legali dove nel tempo sono entrati e altre informazioni avute dalla Araujo, in accordo con la quale organizza uno scambio di favori, ovvero dichiarazioni favorevoli a Dantas in cambio di denaro che verrà portato in Italia proprio dalla Araujo e dai suoi figli, in contanti. Successivamente, con l'aiuto del suo amico Davide Giacalone (anche lui collaboratore del Sisde ed in accordo con Tavaroli fino al momento che il Sisde decide la fine di Tavaroli) organizza le tre interviste della Araujo, che sono parte di un piano progettato in collaborazione con i servizi, che debbono ottenere l'arresto e la fine di Dantas, elemento pericoloso perché unico che ha la possibilità di chiarire cosa realmente si cela dietro i movimenti della Telecom Italia. Per questo motivo degli uomini dei servizi si recano in Brasile e hanno diversi colloqui con interessati a diverse questioni o comunque che hanno un ruolo seppur marginale nella vicenda spacciandosi per Carabinieri. Cercano di ottenere documenti e dichiarazioni, che non sempre riescono ad avere. La cosa particolare è che l'avvocato Stefano Bertollini, uomo di fiducia di un membro del Governo Italiano dal 2001 al 2006 e dal 2008 ad oggi, Adolfo Urso, non sembra essere nuovo a questioni di intercettazioni ed hackeraggio, visto che è anche molto legato, Francesco Storace ed ai suoi uomini, che appaiono anche in questa inchiesta. Ma evidentemente le pressioni esercitate dai servizi sulla magistratura hanno evitato indagini su di lui. Questo in sintesi è il personaggio Luciane Araujo che ha ottenuto un ruolo di primo piano nell'inchiesta Telecom Italia , sulla base di invenzioni e di dichiarazioni guidate, per denaro e per garanzie di immunità. Ci si chiede per quali motivi i P.M. milanesi così attenti e scrupolosi non abbiano svolto le giuste indagini, ma sicuramente è dovuto al fatto che avevano già il colpevole di tutto Giuliano Tavaroli e la sua orribile banda di delinquenti. Sarebbe stato interessante chiedere al Sisde i motivi per cui vuole eliminare Tavaroli dalla scena, quali interessi ha nell'inchiesta, quali pressioni ha fatto sui magistrati e quali indagini ga svolto illegalmente per motivi che ad oggi non sembrano comprensibili. Quale nervo scoperto ha toccato Giuliano Tavaroli per avere una reazione dei servizi così intensa ? Perché il Direttore del Sisde, Generale Mori, legato alla destra, uomo di fiducia del Sindaco di Roma Alemanno, aveva deciso di eliminare il direttore della Security di Telecom Italia. A questo punto seguiranno altre delucidazioni in merito ad altri spassosi personaggi, come l'eroico Mirko Ferrari o qualche avvocato.A presto!!

telecom-luciane.blogspot.com/2009/03/chiarezza-su-telecom-e-luciane-araujo.html - 64k -

lunedì 13 aprile 2009

Tutti spioni con il cellulare che “ruba” e “ricatta”


C’è chi lo porta appeso alla cintura e chi ha una fondina sotto l’ascella; chi ne ha due, come nel Far West, e chi lo usa con il silenziatore. E fin qui siamo nella normalità. Ma c’è anche chi lo usa come un’arma vera e propria. Di ricatto, di spionaggio, di pressione psicologica. Persino di rapina. Del tipo: ti mando un sms criptato e mi copio la tua rubrica telefonica; ti chiamo e il tuo telefono diventa una microspia: mi dice dove sei sulla mappa di Google, mi fa ascoltare cosa stai dicendo in quel momento e cosa dicono i tuoi interlocutori. E anche se cambi scheda telefonica non riesci a seminarmi: il tuo apparecchio mi avvisa, e ti seguo ovunque prenda il segnale. Anche negli Stati Uniti, persino in vacanza alle Maldive.E’ sulla telefonia mobile che si combatte l’ultima battaglia di legalità, almeno per Francesco Pizzetti, il Garante della Privacy, che ha appena scoperto che l’Italia è piena di spioni fai-da-te che devono essere regolamentati. Gli ispettori di Pizzetti hanno messo insieme un dossier gigantesco sul fenomeno dei telefonini-spia, del quale si sta occupando anche il Copasir, il comitato di controllo sull’intelligence. E adesso, dopo averne valutato la portata, il Garante esce alla scoperto e chiede l’istituzione di un registro nazionale, come quello previsto per le armi, nel quale annotare tutti coloro che acquistano e ricevono uno di questi marchingegni da James Bond. Il giro di vite, spiegano all’Ufficio del Garante, è reso ancora più urgente dalle novità che sono emerse nel corso di un’audizione del Copasir di qualche giorni fa, quando l’amministratore delegato di un colosso mondiale delle telecomunicazioni ha rivelato l’esistenza di un nuovo sistema per rubare dati e informazioni attraverso le celle della telefonia mobile: «Abbiamo appreso - spiega il professor Pizzetti - che esiste una tecnologia che consentirebbe tramite invio di un sms di infettare qualsiasi telefonino, acquisirne i dati, localizzarne la posizione e controllarne l’attività. Noi dell’Autorità Garante, peraltro, eravamo già a conoscenza che nei negozi e anche sul web sono in vendita software che possono consentire di utilizzare telefoni cellulari come microspie». La portata della prima rivelazione, quella degli sms-pirata che violano i telefonini, è decisamente inquietante. Soprattutto se si tiene conto che non è necessario essere un hacker per venire in possesso del numero di cellulare di chiunque: «Gli addetti ai lavori lo fanno abitualmente - spiega Andrea Pedicone, detective privato e fiduciario dell’Associazione Nazionale Forense - Esistono persone che lo fanno di mestiere sul web: vendono informazioni e i numeri di telefono cellulare di qualsiasi utente, italiani compresi». Provare per credere: basta cliccare su http://ahearnsearch.com/europeanphonereversal.aspx con duecento dollari in tasca; e si possono ottenere i numeri telefonici a piacimento. In realtà occorre anche una certa predisposizione all’illegalità, perchè il sito avverte (in lingua inglese) che nonostante il commercio di certe informazioni sia vietato in molti paesi, loro riescono comunque ad ottenerle e a metterle a disposizione di chi ha il denaro per acquistarle. Un discorso a parte merita lo spionaggio industriale, con la corsa delle grandi aziende a blindare i segreti delle proprie produzioni. Anche andando a caccia dei dipendenti infedeli, grazie ad apparecchiature di nuova generazione in grado di registrare tutte le conversazioni che passano attraverso un centralino e di archiviarle in formati digitali compressi sul server aziendale.Per Francesco Pizzetti è arrivato il momento di regolamentare il tutto, anche perchè (vedi intervista in questa stessa pagina) sempre più spesso la raccolta di informazioni rischia di portare alla sbarra investigatori privati o professionisti del mondo forense: «Si tratta di un fenomeno allarmante - dice il Garante - perchè vengono messi in vendita strumenti che possono essere usati in modo lecito, se ad esempio c’è l’accordo tra due possessori di telefonini spia, oppure in modo illecito, per spiare un ignaro possessore di questo tipo di apparecchio. E’ il classico uso del martello che può essere usato per schiacciare un chiodo o per rompere una testa». Il Garante non ha dubbi: «Occorre un registro, come si fa per chi acquista un’arma da fuoco, per avere consapevolezza su chi detiene questi software e per controllarne l’uso che se ne fa. Ed è il caso che il legislatore provveda al più presto».massimo.martinelli@ilmessaggero.it

sabato 11 aprile 2009

L'Aquila: parte l'inchiesta sugli edifici moderni crollati nel terremoto


Adesso è il momento di guardare in faccia la nostra San Giuliano, il crollo apparentemente assurdo della casa dello studente dell’Aquila, nel quale hanno trovato un’orrenda morte undici universitari fuori sede. E’ il più grave tra i disastri su cui la procura della Repubblica ha deciso di indagare, convinta che la fatalità non sia l’unica chiave di lettura per il paesaggio lunare offerto dal fianco sud della collina aquilana. Il fascicolo aperto dal procuratore Alfredo Rossini ipotizza due reati: disastro colposo e omicidio colposo plurimo. Sia pure in mezzo a difficoltà operative enormi, il lavoro investigativo è già decollato con le prime acquisizioni di atti e con la richiesta di consulenze tecniche sulle macerie del San Salvatore, della palazzina civile di via Venti Settembre e della casa dello studente. A questi primi obiettivi si aggiungeranno, via via, tutti gli altri casi in cui i tecnici di vigili del fuoco e protezione civile rileveranno elementi di dubbio. Ma ieri, l’ordine di raccogliere ogni elemento utile all’indagine è arrivato con un fax ai comandi di polizia, carabinieri e guardia di finanza.
Guarda invece al futuro un lavoro investigativo preventivo che il procuratore Rossini ha avviato in qualità di capo della direzione distrettuale antimafia, dopo contatti con la procura nazionale. E’ quello che i magistrati chiamano un ”faro acceso” sulla ricostruzione post terremoto. L’inchiesta preventiva mira a evitare l’inquinamento del fronte imprenditoriale che sarà coinvolto nell’immane opera di ricostruzione del tessuto urbano dell’Aquila. Si punta a costruire un argine alla criminalità organizzata, allettata dal business della ricostruzione; si punta a imbrigliare gli sciacalli del cemento, gli speculatori che forse hanno avuto un ruolo in molti dei lutti di questi giorni. La procura nazionale antimafia metterà a disposizione dei magistrati aquilani la sua preziosissima banca dati sulle imprese controllate da mafia, ’ndrangheta e camorra. Sotto controllo soprattutto i clan campani che hanno già consolidato avamposti nel territorio abruzzese, dalla Marsica alla provincia di Chieti, al Pescarese. La fretta invocata dalle popolazioni terremotate non sarà complice di nuove speculazioni e nuovi fattori di rischio.
La procura è anche pronta ad ascoltare testimoni come la studentessa di Celano Carmela Tomassetti, che dice di aver abbandonato la casa dello studente dopo le scosse del 31 marzo, allarmata da una profonda crepa al secondo piano, più volte segnalata agli organi tecnici dell’azienda del diritto allo studio. «In casi del genere - precisa però il procuratore Rossini - occorrerà procedere con molta misura. E’ principalmente il dato tecnico che può dirci se il crollo degli edifici più moderni, accanto alla devastazione del patrimonio storico architettonico della città, è da ricondurre a responsabilità umane». Una conferma del ruolo strategico rivestito, in questa indagine, dal corpo dei vigili del fuoco. Il lavoro di consulenza si svolgerà parallelamente alle verifiche tecniche sulla stabilità degli edifici lesionati. Ad operare, a partire dai prossimi giorni, saranno team di tre tecnici, uno della protezione civile, uno dei vigili del fuoco e un civile. In tutto, circa cinquecento equipe pronte a setacciare il territorio aquilano distrutto dalla scossa delle 3,32. Man mano che emergeranno elementi di sospetto, sulla qualità dei materiali, sulle tecniche di costruzione, sul rispetto dei progetti e sulla compatibilità geomorfologica, i vigili del fuoco riferiranno alla procura. Più complicato sarà confrontare i risultati tecnici delle perizie con il materiale documentale in possesso degli enti pubblici. L’ufficio urbanistico del Comune, ad esempio, è stato raso al ruolo.